La farmacovigilanza è definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come la scienza e le attività finalizzate all’identificazione, alla valutazione, alla comprensione e alla prevenzione degli effetti avversi o di qualsiasi altro problema correlato all’uso dei medicinali e dei vaccini, per assicurare che vengano utilizzati in modo che i benefici siano superiori ai rischi.[1]
I farmaci e vaccini, il cui scopo è quello di curare o alleviare i sintomi di una determinata patologia o di prevenirne l’insorgenza, non sono privi di rischi: molti sono infatti i possibili effetti indesiderati, alcuni dei quali anche gravi, che potrebbero manifestarsi. La sperimentazione clinica, mandatoria per l’ottenimento dell’AIC (autorizzazione all’immissione in commercio), ha lo scopo di mettere in evidenza gli effetti collaterali legati all’uso di quel medicinale. Alcuni effetti collaterali, tuttavia, possono manifestarsi solo dopo l’uso in larga scala e questo è dovuto per lo più al fatto che durante le fasi di sperimentazione clinica il farmaco viene testato su una fetta di popolazione selezionata, mentre nella quotidianità verrà utilizzato da popolazione eterogenea, compresi individui che possono presentare contestualmente più patologie e per un lasso di tempo più lungo.
Come fare farmacovigilanza?
I dati sulla sicurezza dei farmaci possono essere ricavati da differenti fonti: segnalazioni di sospette reazioni avverse (spontanee e non), studi clinici, letteratura scientifica, rapporti inviati dalle industrie farmaceutiche, ecc.[2]
Sicuramente il metodo più veloce di fare farmacovigilanza è rappresentato dalla segnalazione spontanea delle reazioni avverse, sistema istituito dall’OMS negli anni 60 e che prevede oggi la compilazione di una scheda di segnalazione[3], ogni qualvolta si presenta un effetto indesiderato che si sospetta possa essere correlato alla terapia con un farmaco o alla profilassi con un vaccino.
Queste informazioni in Italia vengono raccolte nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza (RNF), gestita dall’AIFA, a sua volta collegata all’EudraVigilance (banca dati europea), coordinata dall’EMA, e infine inviate al centro di farmacovigilanza dell’OMS, ad Uppsala in Svezia, dove ha sede un archivio mondiale delle segnalazioni delle sospette reazioni avverse.
L’UE ha stabilito che alcuni medicinali per uso umano debbano essere oggetto di una sorveglianza ancora più rigorosa. Si tratta dei cosiddetti “medicinali sottoposti a monitoraggio addizionale”, che vengono continuamente monitorati per un periodo di cinque anni o comunque fin quando le condizioni che hanno portato a richiedere il monitoraggio addizionale non si ritengono raggiunte.
Tra questi figurano:
- medicinali contenenti nuovi principi attivi, autorizzati in Europa dopo il 1 gennaio 2011;
- farmaci biologici, come vaccini e derivati del plasma;
- farmaci biosimilari, i cui dati dopo la loro immissione in commercio sono limitati;
- prodotti la cui autorizzazione è subordinata a particolari condizioni, per cui l’Azienda è tenuta a fornire ulteriori dati, o autorizzati in circostanze eccezionali, quando sussiste una specifica motivazione per cui l’Azienda non può fornire un set esaustivo di dati. È il caso, ad esempio, dei vaccini per il Covid 19;
- medicinali per cui non è possibile evidenziare durante le fasi della sperimentazione clinica gli effetti legati all’uso a lungo termine o le eventuali reazioni avverse rare.
Esiste, inoltre, anche un parallelo sistema di farmacovigilanza[4] per i prodotti di origine naturale che prevede sempre la compilazione di un form online, gestito dall’Istituto Superiore di Sanità.
Cosa accade quando dai dati di farmacovigilanza emergono degli effetti indesiderati correlati all’uso di un farmaco?
Nella maggior parte dei casi la reazione avversa registrata non è particolarmente grave, per cui gli effetti indesiderati verranno inclusi nella scheda tecnica del prodotto e viene data comunicazione di avvertimento a tutti gli operatori sanitari.
Nel caso in cui dai datti di farmacovigilanza emergono gravi problemi di sicurezza, invece, le autorità regolatorie e l’azienda produttrice possono decidere di ritirare o addirittura sospendere l’autorizzazione al commercio del farmaco.
Adriana Centamore | Consultant
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