Uno dei prerequisiti per l’applicazione dei metodi compendiali nei test di rilascio è la verifica preliminare. Essa costituisce attualmente un argomento “caldo” negli audit delle autorità regolatorie. I testi di riferimento sull’argomento rimangono le varie farmacopee (USP e Eu Ph. In primis), tuttavia, le istruzioni in esse contenute sono necessariamente di carattere generale e lasciano spesso spazio all’interpretazione.
Questo articolo vuole dare alcuni suggerimenti utili per rispettare a pieno le norme di buona fabbricazione e di laboratorio (GMP e GLP) durante la verifica dei metodi compendiali e per minimizzare il rischio di potenziali problemi durante le ispezioni.
In cosa consiste la verifica dei metodi?
Il processo di verifica è la valutazione della possibilità di utilizzare il metodo analitico in questione per lo scopo previsto, in un determinato laboratorio, nelle effettive condizioni d’uso (temperatura, pressione, pH, operatore, ecc.) per l’analisi di un determinato farmaco o sostanza (API, eccipiente o materia prima) in una certa matrice.
Il requisito per la verifica è indicato nelle farmacopee, in particolare: Eu. Ph. 9.4 – Capitolo 1; USP 41-NF 36, Capitolo <1226>. Non è necessario convalidare o riconvalidare il metodo al primo utilizzo, comunque dovrebbe essere documentata una prova di verifica nelle effettive condizioni d’uso.
La verifica dovrebbe essere fatta tenendo conto di: natura della sostanza target e processo sintetico, idoneità delle condizioni cromatografiche (colonna, fase mobile, rapporto segnale\rumore, rivelatore, ecc.), tipo e quantità di impurezze presenti, effetto della matrice sui recuperi. Ad esempio, la stessa sostanza da fornitori diversi può avere profili di impurità diversi che non sono coperti dalla procedura compendiale. Questo vale soprattutto nelle procedure cromatografiche per le quali sono spesso rilevate impurità impreviste solo durante un’accurata verifica del metodo. Oppure la presenza di certi eccipienti, impurezze, buffer o antiossidanti, largamente variabile da produttore a produttore, può compromettere in modo significativo i recuperi di sostanza.
Quali metodi da sottoporre a verifica e quali sono i prerequisiti?
Innanzitutto, il metodo deve essere convalidato, secondo ICH Q2 o altra procedura ritenuta idonea dalle farmacopee. Possono poi essere adottati i criteri seguenti, descritti in parte in USP:
- Metodi compendiali base (quali residuo secco, ceneri solforiche, misura del pH, conducibilità, punto di fusione, …) non sono normalmente oggetto di verifica (eccetto casi particolari);
- Procedimenti compendiali semplici per saggi analitici e test di purezza (es.: saggi con titolazioni, umidità secondo Karl Fisher) sono oggetto normalmente di verifica semplice, spesso può bastare ripetibilità\precisione con n=3;
- Metodologie complesse che comprendono lunghe procedure di preparazione del campione (es.: HPLC, GC, ICP-MS, ICP-OES, AAS, test microbiologici) sono oggetto di verifiche più articolate ed estensive.
Può essere opportuno sviluppare una SOP di laboratorio in cui dettagliare questi o altri criteri di verifica, insieme scopo, responsabilità, campo di applicazione e parametri chiave.
Il tempo e il costo della verifica (personale, standard, reagenti, ecc.) aumentano con la complessità dell’operazione e del metodo. Si può scegliere di usare direttamente un metodo senza sottoporlo a verifica ma ciò dovrebbe essere almeno specificato nel report analitico finale.
Se la verifica non è passata con successo si può arrivare alla conclusione che la procedura analitica in questione non è adatta all’uso per l’articolo testato nelle condizioni di uso previste. Sarà quindi necessario passare ad un diverso metodo convalidato o svilupparne uno nuovo. USP ricorda anche la possibilità di sottoporre i nuovi metodi al board esecutivo, corredati di dati di supporto, i quali verranno analizzati e verrà valutata la possibilità di sostituzione o affiancamento ai metodi esistenti.
Andrea Pedna | Senior Consultant | Farmacopee
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